L’allerta arriva dal Giappone: nuova variante riduce efficacia vaccini


6 Aprile 2021

Una nuova mutazione del coronavirus in Giappone è stata segnalata in un ospedale a Tokyo, capace di ridurre l’efficacia dei vaccini. Lo ha anticipato il canale pubblico Nkh, segnalando come la variante, denominata E484K, sia stata rilevata in 10 dei 14 pazienti esaminati in un ospedale della capitale nel mese di marzo.

Per circa due mesi fino al mese scorso, riferiscono le fonti, 12 pazienti Covid su 36, sarebbero stati infettati pur non avendo mai viaggiato e frequentato altre persone poi risultate positive all’agente patogeno. La notizia arriva nel corso di una seconda impennata di infezioni che ha investito in particolar modo la città di Osaka e altre due prefetture dell’arcipelago, Hyogo e Miyagi, dove da oggi sono entrate in vigore restrizioni simili a quelle revocate due settimane fa nella capitale Tokyo.

In una audizione parlamentare, il premier Yoshihide Suga ha cercato di stemperare i toni, affermando di non ritenere imminente una quarta ondata e insistendo sulla necessità da parte dei cittadini di usare maggiore vigilanza. Meno rassicuranti le dichiarazione del capo della commissione medica, in stretta cooperazione con l’esecutivo, Shigeru Omi, che ha riconosciuto le difficoltà al controllo delle abitudini della popolazione, e l’effettivo rispetto delle misure anti-pandemia, non escludendo che l’ascesa dei contagi in atto a Osaka possa poi riproporsi anche a Tokyo. “La quarta ondata sarà più diffusa” ha detto Koji Wada, professore dell’Università di Tokyo, “dobbiamo iniziare a discutere come estendere a Tokyo misure specifiche”. 

Il Giappone vive l’attesa delle Olimpiadi, che cominceranno fra 109 giorni. Osaka ha cancellato il passaggio della torcia olimpica, ma il premier Suga ha nuovamente ribadito che i Giochi, già rinviati nel 2020, si terranno come previsto. 

“In attesa di dati scientifici certi sulla variante E484K e sulla sua eventuale resistenza ai vaccini – afferma Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e professore associato di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata – c’è in generale grande preoccupazione rispetto alle mutazioni del virus SarsCov2 e la necessità di attuare un forte monitoraggio”. Da parte sua, il virologo Roberto Burioni, dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, invita alla cautela e, in un tweet, scrive: “Vaccini e varianti. No al ‘varianterrorismo’. I vaccini funzionano”.

Quella contro le varianti ad ogni modo, spiega Andreoni, ”è ormai una corsa contro il tempo: più il virus circola più tende a mutare e dare luogo a nuove varianti. L’unica strategia è dunque quella di bloccare il prima possibile la circolazione del virus e per far questo la vera arma di cui disponiamo è la vaccinazione. Dunque, è fondamentale in questo momento velocizzare il più possibile la campagna di vaccinazione, per immunizzare il maggior numero di persone in tempi rapidi, bloccare il virus e impedire così che origini altre mutazioni”.

Allo stesso tempo, sottolinea, “cruciale diventa aumentare la capacità di tracciamento delle varianti potenziando le attività di sequenziamento del virus, ciò al fine di capire cosa sta accadendo effettivamente in Italia e quali sono i ceppi che stanno circolando”. Un’attività, che “stiamo portando avanti all’Università di Tor Vergata, così come si sta facendo in altri centri, ma che va ulteriormente rafforzata”. Se fosse comunque confermata la resistenza di E484K ai vaccini, conclude Andreoni, “credo sarebbe da valutare l’opportunità di un blocco dei voli aerei per impedire l’ulteriore diffusione di questa e altre varianti, ed andrebbero adottati protocolli stringenti se E484K è già arrivata in Europa”. Concorda con tale ipotesi anche il virologo Fabrizio Pregliasco dell’Università Statale di Milano: “Ci vuole un monitoraggio ferreo – commenta – e va valutata una sospensione più generalizzata dei voli aerei se fosse confermata l’ulteriore espansione delle nuove varianti”. Attualmente in Italia, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, la cosiddetta variante inglese è diventata dominante con una prevalenza dell′86,7%, (con valori oscillanti tra le regioni tra il 63,3% e il 100%). Per quella ‘brasiliana’ la prevalenza è del 4,0% (0%-32,0%), mentre le altre varianti monitorate sono sotto lo 0,5%.

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